Personale di Turi Simeti

Spazio empatico

Data : 7 dic 2014 13 feb 2015

Artisti : Turi Simeti

Curatore : ivan Quaroni

Recensione

Negli anni Sessanta, Turi Simeti è tra coloro, che aderiscono all’idea di ristabilire un “grado zero” della pittura, attraverso la ridefinizione dei principi costitutivi dell’immagine e l’indagine dei meccanismi primari di percezione. Le premesse erano già contenute nel Manifesto Blanco di Lucio Fontana (1946), là dove si affermava che “oggi la conoscenza sperimentale sostituisce la conoscenza immaginativa”. Un’intuizione, d’altronde, che poi si rafforzerà nelle ricerche del Gruppo Zero di Dusseldorf (e in seguito di tutte le altre formazioni europee e italiane), tese, attraverso un uso razionale del segno, a intensificare e stimolare l’esperienza percettiva dell’osservatore. Non è un caso, infatti, che Turi Simeti partecipi nel 1965 alla fondamentale mostraZero Avantgarde, organizzata da Lucio Fontana nel suo studio milanese, allo scopo di confrontare e verificare le ricerche di artisti come Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Piero Manzoni, Nanda Vigo, Hans Haacke, Heinz Macke, Otto Piene e molti altri, che operavano in direzione di una ridefinizione del dominio operativo della pittura, ponendo attenzione alle implicazioni ottiche e spaziali che comportava l’azzeramento del concetto tradizionale di “superficie”. Tuttavia, già allora, il background culturale di Simeti, conteneva un elemento di peculiarità, derivato dalle precedenti sperimentazioni di marca informale. La frequentazione di Alberto Burri negli anni romani, prima del definitivo trasferimento a Milano nel 1966, aveva garantito all’artista siciliano un diverso percorso evolutivo, marcando in maniera originalissima il passaggio dalle prime indagini formali al nuovo zeitgeist “percettivista”. Proprio questa differenza d’origine, quest’ascendenza gestuale e segnica, spesso rilevata dalla letteratura critica, costituisce un fattore decisivo nelle future evoluzioni del linguaggio pittorico di Simeti, non tanto sul piano formale, quanto, piuttosto, su quello dell’attitudine e delle intenzioni. Infatti, è pur vero che Simeti ha assorbito e filtrato in modo personale l’eliminazione dei fattori emotivi tipici dell’Informale, pervenendo a un modello compositivo rigoroso, il cui scopo finale non è solo quello di interagire con la percezione ottica dell’osservatore, ma forse anche con quella cognitiva, e ben più misteriosa, del subcosciente. Il primo apologeta dell’opera di Simeti, Giuseppe Gatt - curatore della mostra personale dell’artista alla Galleria Vismara di Milano nel 1966 – scriveva che nel rigoroso modus operandi dell’artista “è, tuttavia, insito un elemento difficilmente controllabile, preterintenzionale, probabilmente per lo stesso artista, e che affiora soltanto alla fine, quando cioè, insieme alla poetica, si esaminano i risultati e le immagini”.[1] Gatt definiva questo elemento “il quoziente magico”, ossia un quid che si produce nel momento in cui le forme si protendono nello spazio fisico, polarizzando l’attenzione dell’osservatore non solo tramite i sensi, ma anche attraverso una comunicazione assai più sottile e inafferrabile. In altre parole, le opere di Simeti riescono a essere al contempo dispositivi per la sollecitazione di percezioni ottiche e oggetti apotropaici, rituali, da cui irradia un’energia che, pur con qualche cautela, potremmo definire “magica”. In realtà, si avverte negli scritti critici su Simeti una sorta di circospezione nei confronti di quest’argomento, una prudenza che, sovente, si accompagna a un’aleatorietà e indeterminatezza di termini. Dopo Gatt, infatti, nessun altro approfondisce il concetto di “quoziente magico”. La maggior parte dei critici preferisce, comprensibilmente, evidenziare gli aspetti di sintonia tra le opere dell’artista siciliano e le ricerche coeve dei “percettivisti” (in particolare di Castellani e Bonalumi per ciò che concerne la cosiddetta Shaped Canvas e l’utilizzo delle estroflessioni), tralasciando, invece, di indagare la natura suggestiva, e dunque immaginativa, delle sue opere. Ma procediamo con ordine.Nel 1961, Turi Simeti realizzava ancora collage di carta con buste commerciali bruciate agli angoli. Proprio durante quelle sperimentazioni, per ammissione dell’artista “debitrici” delle combustioni di Alberto Burri, appare per la prima volta la forma ovale, che diventerà poi il marchio distintivo della sua opera. La circostanza in cui quella forma, pur carica d’implicazioni simboliche, affiora nei collage, però, dice molto sull’attitudine di Simeti. Infatti, nonostante l’uso reiterato di quella e di altre figure geometriche (come il cerchio e il quadrato), durante tutto il suo percorso artistico, Simeti non sarà mai veramente interessato alla geometria. Piuttosto, gli interesserà il rapporto che queste figure primarie intrattengono con lo spazio e la possibilità d’interazione dei volumi nel perimetro tradizionale del quadro o della scatola e, quindi, il loro, inevitabile, sconfinamento fuori dai margini della tela. Dopo le esperienze informali del periodo romano, Simeti reagisce, come ricorda Vittorio Fagone, “con una serie di correttivi”[2],che lo inducono a isolare una forma (l’ellisse), al fine di interrompere la continuità delle superfici bidimensionali con una successione di tensioni volumetriche. Dal 1962, l’ovale diventa una sorta di ossessione linguistica, un sintagma ricorrente che evolverà dalle prime forme artigianali (nei collage eseguiti allineando sagome di cartone ritagliato) a quelle più nitide e scandite dei lavori successivi (in cui le sagome di legno sono inserite tra la tela e la tavola per creare una nuova pulsione ritmica e plastica). Parallelamente all’adozione dell’ellisse come segno distintivo della sua pittura, l’artista introduce cromie sempre più uniformi, ormai prive di connotazioni espressionistiche, facendo, così, risaltare gli effetti scaturiti dalla diversa incidenza della luce sull’epidermide dell’opera. Di fatto, dal 1967 in avanti, le estroflessioni entrano stabilmente a far parte del suo linguaggio formale, anche in conseguenza di un serrato confronto con Castellani e Bonalumi, suoi vicini di studio a Sesto San Giovanni. Inizialmente, Simeti gestisce il rapporto tra spazio e superficie lasciando emergere isolate figure ellittiche, spesso decentrate, a formare impercettibili increspature della tela. Poi, nel tempo, queste sagome ovoidali si moltiplicano, come per un effetto di una mitosi cellulare o di proliferazione organica che le fa sembrare entità vive e pulsanti, invece che archetipi statici. D’altro canto, l’ellisse può essere considerata una figura di mediazione tra la dimensione iperurania e astratta del cerchio e i suoi molteplici e difformi adattamenti nel mondo fenomenico. Infatti, con le sue innumerevoli varianti, essa appare più affine e adatta alla sensibilità umana. Come osserva Alberto Fiz in una recente intervista, l’ovale “non è contemplato dall’arte di formazione analitica.”[3] Forse perché non rappresenta un simbolo assoluto, di rigorosa e aurea perfezione, ma piuttosto l’espressione di un dinamismo connaturato alla vita naturale. Un dinamismo che, per inciso, si fa sempre più evidente nella produzione di Turi Simeti, a cominciare dall’uso della tela sagomata, che spezza la linearità perimetrale della tela, suggerendo una più marcata vocazione scultorea. Ne sono prova, soprattutto, i lavori eseguiti tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, in cui l’artista recupera la forma circolare, estendendola oltre i bordi fino a conquistare l’agognata dimensione oggettuale. È il caso di Un tondo grigio, tela sagomata del 1991, dove una forma circolare monocroma segnata da lievi increspature gestuali, sembra violare la quadrangolare recinzione sottostante in una sorta d’impeto superbamente spazialista. Eppure, il movimento diventa ben più che una mera suggestione già dopo la seconda metà degli anni Sessanta, quando, abbandonato il meccanismo di reiterazione tipico di lavori come 108 ovali neri (1963), Simeti sgombra definitivamente il campo della tela, fino a disporre, sotto la superficie, un solo elemento o un piccolo gruppo compatto di ellissi. In queste opere, ormai rastremate fino all’osso, il dinamismo appare potenziato grazie al contrasto netto tra l’uniformità cromatica della tela e le protrusioni ellittiche, mentre la percezione del campo spaziale acquista una qualità quasi musicale, che trasforma gli elementi aggettanti in pulsazioni ritmiche e armoniche. Nondimeno, negli anni Ottanta, Novanta e Duemila, Simeti affina con incredibile acribia questa grammatica musicale, approfondendone il carattere monodico in tutte le molteplici sfumature. Gli elementi ovali si moltiplicano, infatti, per numero e dimensione, così come l’inventario, pressoché infinito, degli effetti luministici e, infine, la palette cromatica, via via più ricca. È sufficiente osservare opere di diversa datazione, come Cinque ovali gialli (1988), Otto ovali marroni (1990) e Sei ovali color sabbia (2006), per comprendere come questo processo di estensione della gamma espressiva proceda costante fino agli anni più recenti.  Sebbene il metodo di Simeti rimanga sempre saldamente ancorato ai dettami dell’arte programmata e dunque, contraddistinto da un severo controllo del procedimento creativo, gli esiti della sua ricerca dimostrano il raggiungimento di una sempre maggiore libertà espressiva, che finisce per essere equidistante, come notava Marco Meneguzzo[4], tanto dalle “iterazioni superficiali di Castellani”, quanto dai “gonfiori turgidi di Bonalumi”. La peculiarità del lavoro di Simeti, consiste nell’aver identificato nell’ellisse (e occasionalmente in altre figure) la forma definitiva di un dialogo ininterrotto con l’osservatore. Un dialogo che non si è mai limitato alla sola stimolazione sensoriale dei meccanismi ottici e cognitivi, ma che, piuttosto, ha saputo penetrare le strutture più profonde dell’individuo, in virtù di un linguaggio formale gravido di segrete assonanze e sottili corrispondenze con il mondo naturale. Ed è, anzitutto, questa capacità di risonanza, questa innata allusività la caratteristica specifica che ha permesso a Simeti di creare uno spazio empatico, un luogo dove l’inferenza tra opera e osservatore acquisisce finalmente una nuova, e più lirica, dimensione antropica.

Personale di Turi Simeti

Opere in Mostra

Personale di Turi Simeti - Un ovale bianco

Un ovale bianco

Anno : 2014

Dimensione : cm 30x30

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Due ovali bianchi. Dittico dx

Due ovali bianchi. Dittico dx

Anno : 2014

Dimensione : cm 70x70

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Due ovali bianchi. Dittico sx

Due ovali bianchi. Dittico sx

Anno : 2014

Dimensione : cm 70x70

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Cinque ovali gialli

Cinque ovali gialli

Anno : 1988

Dimensione : cm 60x60

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Sei ovali rossi

Sei ovali rossi

Anno : 2001

Dimensione : cm 60x60

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Tre ovali rossi

Tre ovali rossi

Anno : 2010

Dimensione : cm100x50

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Tre ovali bianchi

Tre ovali bianchi

Anno : 2002

Dimensione : cm 80x80

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Dittico rosso (destro)

Dittico rosso (destro)

Anno : 2011

Dimensione : cm 100x100 (totale cm 100x200)

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Dittico rosso (sinistro)

Dittico rosso (sinistro)

Anno : 2011

Dimensione : cm 100x100 (totale cm 100x200)

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Sei ovali sabbia

Sei ovali sabbia

Anno : 2006

Dimensione : cm 120x100

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Otto ovali marrone

Otto ovali marrone

Anno : 1990

Dimensione : cm 120x100

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Tre ovali rossi

Tre ovali rossi

Anno : 2004

Dimensione : cm 80x80

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Un tondo in grigio

Un tondo in grigio

Anno : 1991

Dimensione : cm 96x96

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Un ovale marrone

Un ovale marrone

Anno : 2005

Dimensione : cm 35x60

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Tre ovali rossi

Tre ovali rossi

Anno : 2000

Dimensione : cm 60x36

Tecnica : calcografia su carta

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Quattro ovali neri

Quattro ovali neri

Anno : 1993

Dimensione : cm 120x200

Tecnica : acrilico su tela sagomata

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

Personale di Turi Simeti - Tre ovali neri

Tre ovali neri

Anno : 1993

Dimensione : cm 81x122x12 (un elemento)

Tecnica : scultura in PVC

Autenticazione : autentica di Turi Simeti su foto

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