Conoscere ed usare bene il colore è un tema centrale non solo per artisti, ma anche per architetti, urbanisti, designer. Dalla capacità di controllare la percezione cromatica dipendono il successo del progetto e la sua capacità di inserirsi nell’ambiente e nella vita quotidiana in modo positivo per gli utenti. Il colore è l’occasione di aumentare in misura essenziale il valore funzionale e culturale del progetto, ma anche di migliorarne la portata sociale. Jorrit Tornquist, nato in Austria, è uno dei massimi esperti del colore attivi oggi in Italia. La sua ricerca fin dal 1959, è un appassionato studio del colore, sia nel suo rapporto con la luce e con la superficie del dipinto, sia nelle sue potenzialità di azione sull’ambiente, soprattutto in ambito architettonico. Il suo approccio alla pittura è sempre di tipo scientifico: una ricerca che tende, soprattutto nelle ultime opere, alla materializzazione dell’oggetto attraverso la luce e che si rivolge non solo alla percezione del colore in quanto luce, ma anche alle sue funzioni in natura e agli effetti psicologici sull’uomo. Il suo conseguente lavoro di ricerca sulla percezione ed uso del colore ha portato a significative applicazioni in campo architettonico e del design. Tra i suoi progetti cromatici per l’architettura: Ponte Expo, Termoutilizzatore ASM di Brescia, Centrale Termoelettrica sul Mincio, il complesso “Violino”, per la cooperativa la Famiglia di Brescia, Depuratore Milano Sud, Ospedale di Circolo Fondazione Macchi a Varese( interni), Ospedale Niguarda interventi di riqualificazione (blocco sud), Asilo Nido per il CCR di Ispra, Cementificio Lafarge a Tavernola (BS). Le numerose pubblicazioni approfondiscono l’approccio al colore sia dal punto di vista teorico che tecnico-pratico.
L’Arte Programmata o Cinetica è un movimento artistico internazionale che ha lasciato un segno indelebile nell’arte del Novecento. Umberto Eco utilizza il termine “Arte Programmata” per presentare la storica mostra alla Olivetti di Milano nel 1962, organizzata da Bruno Munari. Il grande critico Giulio Carlo Argan la definisce invece “arte gestaltica”, mentre Lea Vergine ne sancirà definitivamente l’importanza in Italia descrivendola come l’Ultima Avanguardia, nella omonima retrospettiva a Palazzo Reale di Milano nel 1984. L’Arte Programmata o Cinetica ma anche l’Arte Optical hanno una genesi comune: nascono dallo studio innovativo, da parte degli artisti, dei meccanismi della visione, dei fenomeni ottici e luminosi, in linea con i progressi scientifici dal Dopoguerra in poi. In tutto il mondo sia l’informale che l’astrattismo in pittura non soddisfano più la ricerca dei giovani artisti. Guardando a Marcel Duchamp, al Futurismo - o a esperienze più recenti come le ricerche di Bruno Munari, che già negli anni ’30 realizza le Macchine inutili, e pubblica il Manifesto del macchinismo nel 1952 - si vuole riuscire a creare opere che coinvolgano davvero lo spettatore, dal punto di vista visivo ma anche psicologico, e superare definitivamente il concetto di arte come rappresentazione ed espressione: finalmente l’arte diventa esperienza, e poi sarà addirittura ambiente. Di non secondaria importanza, è anche la spinta dei nuovi artisti a lavorare in gruppo, nascono così aggregazioni di artisti che cercano di superare l’individualismo della figura dell’artista: in Italia il primo sarà il MAC – Movimento Arte Concreta (formatosi intorno a Munari stesso) e in seguito il Gruppo T a Milano e Gruppo N a Padova. Importante per gli artisti italiani sarà l’esperienza di Azimuth, galleria e rivista animate da Piero Manzoni ed Enrico Castellani. Sebbene non rientrino espressamente nel movimento, le opere innovative, monocrome, anti-figurative dei due artisti – insieme a quelle di personalità loro vicine come Agostino Bonalumi e Dadamaino, saranno importantissime per aprire la strada alle sperimentazioni dell’Arte Programmata. Il movimento d’Arte Cinetica o Programmata si afferma grazie a fermenti contemporanei in tutto il mondo: Gruppo T a Milano, Gruppo N a Padova, GRAV a Parigi, Gruppo Zero a Düsseldorf. In America la tendenza prende il nome di Optical Art o Op-Art (contrapposta alla Pop-art, che domina la scena negli anni Sessanta). A Zagabria il movimento trova un sostenitore nel critico Marko Mestrovic, che organizza le manifestazioni internazionali “Nove Tendencije” (Nuova Tendenza), alle quali partecipano tutti i giovani artisti italiani. Non solo Enzo Mari, Manzoni, Bonalumi e Castellani, ma anche Getulio Alviani sarà fra gli italiani più attivi in “Nuova Tendenza”, che diventerà anche un movimento internazionale. Le opere di Alviani, utilizzando pioneristicamente la lamiera di alluminio trattata, ricercano continue tensioni visive fra riflessione, ambiguità visiva, movimento apparente, luce e vibrazione, utilizzando come “motore” l’interazione visiva del metallo con lo sguardo dello spettatore. Anche Marina Apollonio aderisce al movimento nel 1965, incoraggiata dall’incontro con Alviani, e come quest’ultimo utilizza materiali industriali moderni, per creare opere strutturate che si trasformano in superfici dinamiche (Rilievi metallici a sequenze cromatiche alternate) o che ricercano il movimento apparente con effetti geometrici optical (Dinamiche Circolari). A Milano l’Arte Programmata è ben rappresentata dal Gruppo T, fondato da Davide Boriani e Gabriele De Vecchi a cui si aggiungono Gianni Colombo, Giovanni Anceschi e infine Grazia Varisco. La prima mostra del gruppo — Miriorama 1 — è nel 1960 alla Galleria Pater (Galleria dove in quel periodo esporranno anche Paolo Scheggi e Vanna Nicolotti, con le loro tele tridimensionali di più piani sovrapposti). Il Gruppo T presenta opere in movimento, costituite da meccanismi che le animano, senza più alcun intento rappresentativo. Colombo usa motori per far muovere le sue superfici; in quelle di Anceschi è il liquido colorato che scorre in tubi che può essere mosso dalle mani dello spettatore; mentre le Superfici magnetiche di Boriani sfruttano dei magneti e della polvere di ferro per mettere in movimento l’opera. Grazia Varisco realizza opere mosse da motori meccanici e a luminescenza interna (Schemi luminosi variabili) e strutture in materiali industriali mobili animate da vetro sfaccettato che ne scompone le forme. Dall’idea di opera in movimento attraverso effetti visivi si passa dunque a opere che si muovono effettivamente da sole, o a volte - in aperta rottura col passato - si chiede allo spettatore di azionarle direttamente con le proprie mani. Frequenti scambi e compresenza in mostre vi sono col Gruppo N di Padova, formatosi poco dopo il Gruppo T, per opera di giovani provenienti da studi di architettura e disegno industriale: Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi. Anch’essi recepiscono il nuovo concetto di arte e sono particolarmente attivi nel divulgarlo (ad esempio portando a Padova la mostra " La nuova concezione artistica", della Galleria Azimuth, nel 1960), e accentuano l’importanza dell’impostazione concettuale: la mostra "Nessuno è invitato a intervenire" ne è un esempio lampante. Dal Gruppo N emerge la personalità di Alberto Biasi, animatore del gruppo, che affronta nelle sue opere le tematiche del cinetismo e della percezione visiva, tra le prime opere le “Trame”, in cui studia l’interferenza del movimento dello sguardo su superfici stratificate, e i “Rilievi ottico-dinamici”, strutture lamellari dai cromatismi contrastanti che si “attivano” grazie all’interazione con lo spettatore, che muovendosi si fa fruitore attivo di un’opera in conseguente movimento ottico. Edoardo Landi invece ricerca il coinvolgimento dello spettatore con la stimolazione ottica data da forme geometriche ed elementari, ottimi esempi di composizioni Optical per una ricerca che proseguirà anche negli anni ’70. Il quadro italiano è completato da figure che operano anche in altre città, come Franco Costalonga che conduce una approfondita ricerca sugli effetti ottici nell’opera, come negli Oggetti cromocinetici in cui sperimenterà innumerevoli combinazioni con l’utilizzo di specchi sferici. Costalonga partecipa negli anni ‘60 alla fondazione dei gruppi Dialettica delle Tendenze e Verifica 8+1 con altri artisti veneti in linea con la tendenza internazionale dell’Arte Programmata. Il successo per l’Arte Programmata è testimoniato dall’omonima mostra del 1962 presso il negozio Olivetti di Milano, poi ripetuta nella sede dell’azienda a New York e alla IV Biennale di San Marino (intitolata Oltre l’informale) nel 1963, e sarà sancito definitivamente con l’incredibile successo della mostra The Responsive Eye, organizzata nel 1965 dal MoMa di New York (180.000 visitatori), in cui vennero esposti quasi tutti gli esponenti italiani, da Enrico CasteIlani a Getulio Alviani, dal Gruppo T al Gruppo N, insieme ai più grandi artisti internazionali da Josef Albers a Victor Vasarely.
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