Giorgio Griffa - Opere scelte

Data : 21 ott 2023 3 gen 2024

Artisti : Giorgio Griffa

Curatore : Ivan Quaroni

- Catalogo Mostra
- Comunicato stampa
- Presentazione di Ivan quaroni

Recensione

Per Giorgio Griffa la pittura non è mai stata una semplice attività creativa, ma piuttosto un processo conoscitivo, qualcosa a cui l’artista partecipa per penetrare nella dimensione dell’insondabile e dell’inesprimibile. “Il punto fondamentale”, afferma, “è che le altre forme di pensiero e di azione umana non riescono a farsi strumento di conoscenza allo stesso modo della pittura, non riescono a raggiungere la stessa quota di ignoto, di inconoscibile, di sovrappiù”.

Considerando tale prospettiva, diventa più semplice fare a meno delle consuete etichette che sono state via via applicate alla sua indagine (Pittura analitica, Pittura Pittura o Anti-Forma).

Una lettura meramente formalistica dell’arte di Griffa, pur nell’obbligato inquadramento dei rapporti che essa ha avuto con i movimenti artistici coevi e con tutta la tradizione dell’arte, ci porterebbe, infatti, fuori strada. Certamente, la sua evoluzione pittorica non è stata quella di un astrattista classico - alla Mondrian, per intenderci - che sia pervenuto all’espressione aniconica per progressive asciugature e sintesi delle forme rappresentative. Per sua stessa ammissione, Griffa non ha mai fatto una scelta tra figurativo e astratto. Il critico d’arte Paolo Fossati, che presentò la sua prima mostra personale alla galleria Martano di Torino nel 1968, sosteneva che, nella sostanza, Griffa ragionava come un artista figurativo . Tant’è che, nel corso della sua carriera, più volte ha fatto riferimento a grandi maestri figurativi come Paolo Uccello, Piero della Francesca, Tiepolo e Henry Matisse. Fin dalla serie dei cosiddetti Segni primari, eseguita tra la fine degli anni Sessanta e i successivi anni Settanta, vera e propria pietra angolare della sua grammatica pittorica, Griffa ha concepito il suo apparato segnico, gestuale e materiale come il risultato di un processo di alleggerimento dell’enorme massa informazionale di cui è portatrice la tradizione della storia dell’arte. Si tratta di una procedura che, similmente al “principio di esonero” proposto da Arnold Gehlen , condensa il surplus di sensi, significati e simboli in una sintassi scabra, minimale, concentrata, che stringatamente “riassume”, anziché “rifare”, ciò che si è accumulato in secoli, se non in millenni, di storia. Griffa mette a punto il suo linguaggio, come abbiamo detto, alla fine degli anni Sessanta, sviluppando una procedura operativa che ancora oggi lo caratterizza. La tela, prevalentemente grezza e senza telaio o cornice, viene stesa sul pavimento. L’artista dispone sul piano le sue tinte acriliche (oppure le tempere) diluite in acqua, evitando le colature che si produrrebbero con colori molto liquidi se la tela fosse disposta in verticale. I segni tracciati sul supporto nudo sono volutamente anonimi, elementari e di spessore variabile secondo la misura del pennello o della spugna utilizzata. Griffa parte, sovente - ma non sempre -, tracciando segni verticali o obliqui nella parte superiore destra della tela e procede orizzontalmente, fermandosi prima di raggiungere il bordo laterale. Queste linee suggeriscono l’idea di una sequenza potenzialmente infinita. L’arista ne traccia in numero sufficiente da consentire all’osservatore di evincere l’ipotetico eccetera sotteso. Si tratta anche in questo caso di una sintesi, di un’elisione significativa. Non si può rifare l’infinito, lo si può solo suggerire. Quel che vi è di razionale e di analitico in questo modo di operare riguarda una serie di decisioni a monte, ossia la preparazione, potremmo dire, di una sorta di set procedurale che permette all’artista di stabilire in anticipo che tipo di linea tracciare (verticale, orizzontale, obliqua con inclinazione a destra o a sinistra), di quale spessore e con quale strumento (pennello o spugna), con quale colore e quanto diluito, su quale tipo di tela (canapa, iuta, lino, cotone) spesso già segnata da lievi pieghe orizzontali e verticali, in tutto simili a quelle dei tessuti ripiegati e riposti nei cassetti degli armadi. Una volta stabilita la procedura, inizia il processo pittorico, che Griffa interpreta come un “introdursi” all’interno del fenomeno della pittura. C’è qui l’idea di una fusione tra il soggetto e l’oggetto del dipingere, piuttosto che l’adozione di un atteggiamento analitico e distaccato. Per Griffa la pittura è appunto un’attività conoscitiva “che rifiuta la contrapposizione tra soggetto-oggetto e riconosce il mondo come un gioco di relazioni e una continua, raffinata e ininterrotta re-interpretazione della tradizione pittorica” . A partire dai Segni primari e poi per tutti i cicli successivi, la sua ricerca si configura come un’incursione verso l’ignoto, o meglio verso quella parte nascosta della conoscenza a cui le scienze non hanno accesso. Per spiegare questo compito che “l’umanità ha affidato alle arti”, Griffa ricorre al mito di Orfeo:Nella mia lettura del mito la scomparsa di Euridice non è soltanto la punizione di Orfeo per l’inosservanza del divieto di girarsi. La disobbedienza è anche il compimento di un gesto razionale tipico della scienza, la verifica. Dunque Euridice svanisce anche perché il sentiero della poesia chiede di essere percorso con un atteggiamento in cui la ragione possa convivere con gli infiniti altri aspetti che esulano dalle scienze. La pittura di Griffa, come la poesia, è una disciplina in cui l’atteggiamento razionale convive con la tensione lirica verso l’infinito e l’inconosciuto. Tale tensione si esplicita con tutta evidenza nei cicli successivi ai Segni primari e alle Contaminazioni, a partire dagli anni Ottanta, quando il rigore puritano dei primi segni viene abbandonato in favore di una grammatica formale più ricca e articolata. Non solo, infatti, i segni minimali degli anni Settanta vengono contaminati con nuovi segni dall’incedere ritmico e dal carattere esornativo (Contaminazioni), ma instaurano anche un dialogo aperto con la tradizione millenaria della pittura (Alter ego) - da Paolo Uccello a Piero Dorazio, da Tintoretto a Henri Matisse, fino a Paul Klee e Yves Klein – e con il mito classico (il primo titolo del ciclo delle Trasparenze è, infatti, Dioniso, il grande lavoro esposto alla Biennale di Venezia nel 1980). All’inizio del nuovo decennio il linguaggio di Griffa si arricchisce ulteriormente con l’elemento delle campiture cromatiche del ciclo Segno e campo. Afferma, infatti, l’artista che “Il campo, la campitura di colore, ha una forte connotazione di energia, dunque non deve stupire che in questo mio tentativo di ripercorrere la grande tradizione della pittura sia emersa prepotente la necessità di farne uso accanto ai segni” . L’accostamento tra elemento segnico e campitura cromatica è visibile in tutte le opere qui esposte del ciclo Segno e campo, come, ad esempio Campo giallo del 1988 e Campo rosso del 1989, nonché i due lavori del 1990, intitolati rispettivamente Campo rosso e campo azzurro e, di nuovo, Campo rosso. L’introduzione delle campiture cromatiche non solo completa la grammatica di Griffa, ma la apre a nuove possibilità d’interazione. “Segno e campo si alternano, si confrontano, si penetrano”, scrive l’artista, “in quel minuscolo frammento di universo” , che è poi lo spazio fisico e microcosmico della tela. Quest’idea di confronto tra lemmi pittorici differenti, cominciata già nella seconda metà degli anni Settanta col ciclo delle Connessioni, caratterizza anche altri lavori degli anni Ottanta, come ad esempio Due linee rosse (1987), dove la nozione di campo cromatico è rimpiazzata da sequenze segniche di diverso spessore, separate da due rette orizzontali rosse. Una nuova contaminazione lessicale si verifica nel decennio successivo nella serie Tre linee con arabesco, dove i segni di Griffa si arricchiscono dell’elemento curvilineo orientale, cioè appunto dell’arabesco, un “tipo di ornamentazione che sembra implicare, al di là del contesto culturale cui fa riferimento il nome (l’Arabia, l’arte islamica), l’idea di ripetizione, di ritorno circolare, di intreccio […]” . Questo ciclo è caratterizzato ancora una volta da una serie di decisioni programmatiche: ogni lavoro deve contenere tre linee e un arabesco e deve recare il numero progressivo di esecuzione, che indica la sua posizione all’interno della serie, una sorta di carta d’identità, come nel caso dei dipinti qui esposti, Tre linee con arabesco 1463 del 1994 e Tre linee con arabesco 1540 del 1995. L’arabesco non solo introduce attraverso l’elemento elicoidale una valenza decorativa, allusiva a una concezione temporale ciclica che va ad affiancarsi alla concezione lineare e progressiva occidentale rappresentata dalle tre linee menzionate nel nome del ciclo, ma insinua anche un gradiente ritmico reiterativo, che evoca le sonorità salmodiche o le ripetizioni dei mantra usati come supporti alla meditazione. È un ulteriore passo in direzione del lato più nascosto e misterioso della conoscenza, quello che, come abbiamo detto, sfugge all’indagine razionale. Il ciclo Tre linee con arabesco inaugura anche l’utilizzo del numero come elemento pittorico, che poi ritroviamo in diverse serie successive, dalle Numerazioni della seconda metà degli anni Novanta, dove i numeri indicano l’ordine in cui i vari segni e colori sono stati dipinti sulla tela, dando così un’informazione sulla progressiva costruzione della singola opera, fino alle opere del ciclo Canone aureo, in cui il numero irrazionale 1,6180339887… costituisce non solo un’allusione alla dimensione ineffabile che la pittura è incaricata di esplorare, ma anche un punto di snodo dello sviluppo di due culture contrapposte, quella esoterica e quella essoterica. “La sezione aurea”, scrive infatti l’artista, è “da una parte elemento della storia esoterica dell’uomo, e dall’altra di quella scientifica: il numero attraverso cui ricostruisco le proporzioni del mondo e in base a esse edifico templi e apro alla speculazione fisica, matematica e metafisica; il numero della magia, della creazione, della religione, dell’esoterismo, della mistica ma anche della scienza, della fisica, della geometria…” . In tutta la sua opera, infatti, Griffa mostra interesse tanto per la componente scientifica ed empirica della conoscenza, quanto per quella quota d’ignoto che sfugge a ogni tentativo di misurazione. Il suo approccio, insomma, risulta sempre in equilibrio tra istanze razionali e incursioni nell’ineffabile. “Quando ho fissato le ‘Tre linee con arabesco’ o il ‘canone aureo’, queste stesse norme”, confessa l’artista, “mi hanno dato una libertà di lavoro straordinaria […] e ti rendi conto che la libertà è un margine, è un fattore tutt’altro che astratto, che si concretizza se hai una norma con cui fare i conti” . Eppure, questo doppio registro, insieme razionale e lirico, scientifico e magico, sembra non trovare mai una definitiva composizione ma, semmai, raggiungere una specie di precario bilanciamento. “Impossibile giungere a una condizione definita” , notava giustamente Davide Silvioli in un’intervista del 2021, in cui l’artista tornava a ribadire, ancora una volta, il compito che l’umanità ha affidato alla pittura: “Al di là delle funzioni narrative, rituali, celebrative che si succedono nella storia, penso che la pittura, con le altre arti, porti sempre con sé questo suo aprire la porta sul sovrappiù tramite l’emozione, la irresistibile ricerca del bello” . Basta guardare un’opera recente come Archiblu (2007) per accorgersi che, in fin dei conti, la ricerca della bellezza e la tensione verso il raggiungimento di quella “quota d’ignoto”, così spesso menzionata da Griffa, altro non sono che la conseguenza di quello che Theodor Adorno riteneva fosse il compito attuale dell’arte, ossia di introdurre il caos nell’ordine.

Giorgio Griffa - Opere scelte

Opere in Mostra

Giorgio Griffa - Opere scelte - Tre linee con arabesco 1463

Tre linee con arabesco 1463

Anno : 1994

Dimensione : cm 80x90

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Tre linee con arabesco 1540

Tre linee con arabesco 1540

Anno : 1995

Dimensione : cm 100x136

Tecnica : acrilico su cotone

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Archiblu

Archiblu

Anno : 2007

Dimensione : cm 70x98

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Due linee rosse

Due linee rosse

Anno : 1987

Dimensione : cm 65x114

Tecnica : acrilico su juta

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Campo giallo

Campo giallo

Anno : 1988

Dimensione : cm 87x83

Tecnica : acrilico su tela (pattina)

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Campo rosso

Campo rosso

Anno : 1989

Dimensione : cm 52x77

Tecnica : acrilico su tela (pattina)

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Campo rosso

Campo rosso

Anno : 1990

Dimensione : cm 148x110

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Campo rosso e campo azzurro

Campo rosso e campo azzurro

Anno : 1990

Dimensione : cm 116x81

Tecnica : acrilico su tela (preparata)

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Tre segni, tre colori

Tre segni, tre colori

Anno : 1991

Dimensione : cm 178x112

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Asbestos

Asbestos

Anno : 2002

Dimensione : cm 108x131

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Orizzontale giallo rosa

Orizzontale giallo rosa

Anno : 2002

Dimensione : cm 144x144

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Canone aureo 033

Canone aureo 033

Anno : 2010

Dimensione : cm 83x59

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Canone aureo 820

Canone aureo 820

Anno : 2010

Dimensione : cm 81x60

Tecnica : acrilico su tela

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

Giorgio Griffa - Opere scelte - Senza titolo

Senza titolo

Anno : 1981

Dimensione : cm 108x137

Tecnica : acrilico su tela (pattina)

Autenticazione : autentica di Giorgio Griffa su foto

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